Pornostar sparita nel Lago di Garda Un barcaiolo ha aiutato l’assassino


Una profonda lacerazione sul cranio: potrebbe essere questa la causa della morte di Federica Giacomini, la 43enne pornostar bresciana scomparsa in febbraio, e ritrovata in una cassa recuperata sul fondo del Lago di Garda due giorni fa, a 90 metri dalla superficie. Saranno le analisi autoptiche a chiarirlo dando anche l’ultima conferma che si tratta davvero di lei.

Di certo chi le ha sfondato il cranio voleva far sparire quel corpo per sempre, zavorrando la “bara” di plastica, inchiodandola, scegliendo non a caso il punto più basso del Lago di Garda dove gettarla. Sicuro che sarebbe sprofondata negli abissi, a 346 metri dalla verità. E’ un caso che si sia incagliata a 90 metri, permettendo così il suo ritrovamento e tutto quello che ne conseguirà.

L’uomo che ora viene ritenuto l’assassino di Federica si era spacciato per biologo, sul Lago di Garda, a Castelletto di Brenzone (Verona), dove diceva di essersi recato “per ricerche scientifiche”. Doveva depositare dell’attrezzatura sul fondo del lago, il “biologo”, che un testimone ha identificato nella persona di Franco Mossoni, 55enne bresciano ex compagno di Federica, ora indagato. Da febbraio è ricoverato in un ospedale psichiatrico giudiziario per aver fatto un’irruzione all’ospedale San Bortolo di Vicenza con una pistola finta. Nella menzogna del biologo è caduto anche un’inconsapevole barcaiolo di Brenzone, che lo avrebbe fisicamente aiutato a gettare nel lago la cassa, spacciata per “attrezzatura”.

Mossoni in passato ha ucciso: aveva 20 anni ed era all’università, quando è finito in carcere per 14 anni, per aver sparato a un amico che aveva insidiato la sua ragazza. Allora era stato dichiarato semi infermo mentale. Nel 2008 all’uomo è stata dichiarata la totale infermità. In Mossoni convivono due persone: è affetto da una forma di bipolarismo.

Franco e Federica, spiega il legale dell’uomo, l’avvocato Gerardo Milani, convivevano almeno da sei anni: “Mossoni? Dopo aver scontato la pena non ha più avuto scatti di violenza, o di maltrattamento. Aveva degli alti e bassi; ma non ha più destato allarme sociale. Cambiava lavoro spesso, viveva ai margini della società, cadeva ogni tanto in piccoli reati: un classico per chi tenta di mettersi in riga ma non ci riesce”. Usava spesso una seconda personalità, Mossoni, per le sue attività, per staccarsi da quel vissuto così pesante. “Tentava di rifarsi una vita sotto mentite spoglie”, spiega l’avvocato Milani. E poi, c’era Federica. “Avere lei vicino gli faceva bene: lo aiutava anche a prendere le medicine. Almeno, questa era la situazione fino a fine 2013”.

È tra gennaio e febbraio di quest’anno che le cose iniziano a precipitare. Tant’è che l’avvocato della famiglia Giacomini, Paolo Mele, fa sapere che una settimana prima del ritrovamento del cadavere della ragazza i genitori hanno sporto denuncia per stalking e sfruttamento della prostituzione. “Lui si faceva mantenere da Federica – dice l’avvocato Mele, che non ha alcun dubbio che il corpo ritrovato sia quello di Federica -. Non lo si faccia passare per un pazzo: quella cassa, quella bara costruita con calcolata precisione per non venire mai a galla, non è opera di un folle”.  

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